Convegno Metodi e Strumenti relazionali 2016

Arte e cultura, Spettacoli

Convegno

“L’assistenza agli anziani. Metodi e strumenti relazionali

Trento 23-24 settembre 2016
Alzheimer cafè: pratiche per favorire l’espressione di sé e il mutuo aiuto
Workshop – 24 settembre 2016

In questo workshop abbiamo presentato l’esperienza di Alzheimer café realizzata a Milano dall’associazione Al Confine onlus, nella quale confluiscono e si integrano due diverse metodologie:  il metodo Validation e la pratica di teatro sociale e di comunità.

Più che raccontare quello che facciamo abbiamo provato a farne esperienza insieme: alcuni  partecipanti – volontari – hanno dato vita insieme ai conduttori (Cinzia Siviero, M&C Authorized  Validation Organization; Alvise Campostrini ed Alessandro Manzella de Le compagnie malviste) ad un incontro secondo una prassi orientata dal metodo Validation e a un laboratorio teatrale, di fronte a tutto il gruppo. Naturalmente le sessioni così realizzate sono state solo una sintesi di quanto accade nell’Alzheimer café, che è in realtà strutturato in due incontri settimanali, di due ore ciascuno. Un incontro coinvolge solo gli anziani ed è centrato sull’espressione di sé intorno ad un tema proposto dal conduttore (operatore formato al Metodo Validation) l’altro è il laboratorio teatrale; in quest’ultimo è incoraggiata la partecipazione anche dei caregiver. L’esperienza realizzata nel workshop è stata parziale e schematica, ma ha permesso di dare un’idea non solo di quello che si fa, ma di come le persone vengano coinvolte, anche emotivamente.

Questo nucleo esperienziale è stato preceduto da una breve introduzione sulla storia degli Alzheimer café e sulle caratteriste che l’associazione Al confine ha inteso privilegiare nel proprio modello di intervento.

Quando, nel 1997, lo psichiatra Bere Miesen inventò in Olanda la formula dell’Alzheimer café immaginava

una via informale per stare in contatto con gli altri, ricevere un consulto e al tempo stesso sentirsi a casa. Il malato sente che, finalmente, esiste un posto concepito per le sue esigenze. Sia lui che la sua famiglia possono uscire dalle mura di casa senza dover più negare o sfuggire alla malattia”.

Questa formula, apparentemente semplice ma in realtà in controtendenza rispetto al comune sentire nei confronti delle persone con deficit cognitivo, è poi stata declinata nei modi più diversi, tanto più quando ha cominciato a diffondersi in Europa.

L’associazione Al confine ha aperto il suo primo Alzheimer café nel 2007, quando il pensiero dominante in Italia considerava ancora questi malati “non più persone”, e i pochi Alzheimer café esistenti erano pensati principalmente per i familiari, sentiti come le vere vittime della malattia.  Fin dall’inizio non abbiamo posto condizioni alla partecipazione ed abbiamo accolto insieme persone molto compromesse e anziani senza deficit cognitivi ma a rischio di isolamento sociale (condizione questa, a nostro avviso, di per sé dementigena) proponendoci di realizzare

“Uno spazio, un tempo protetto e insieme aperto, dedicato a lavorare al confine di diverse situazioni esistenziali, fondato sul rispetto e sul riconoscimento reciproco, finalizzato a dar voce a chi nella società non ne ha. Per riscoprire il gusto dell’incontro al di là dei ruoli e dei codici socialmente stabiliti. Un luogo di accoglienza e di scambio, di solidarietà e convivialità, dove le fragilità e le privazioni dei singoli possano convertirsi nel gruppo in forza e ricchezza condivise. Dove il dare e il ricevere prestazioni sfumino nello scambio gratuito di ogni autentico incontro”.

L’ascolto empatico, il riconoscimento e la convalida del vissuto emotivo, la valorizzazione delle storie di vita e delle competenze di ciascuno, il recupero di identità e ruolo sociale attraverso i compiti riconosciuti a ciascuno all’interno del gruppo sono gli elementi, presenti sia nel metodo validation che nella pratica del laboratorio teatrale, che facilitano lo stabilirsi di vere e proprie relazioni di aiuto reciproco, permettono alle persone di sentirsi accolte e a proprio agio, inducono in tutti coloro che sono coinvolti (anziani, familiari, assistenti, volontari) un diverso modo di vivere e pensare alla malattia.

Dopo la conclusione delle due “esperienze” c’è stato solo un breve spazio di discussione, introdotto dalla proiezione di pochissimi minuti tratti dal video “Il nastro rosso – percorsi di vita all’Alzheimer café” che ci ha restituito le immagini reali di persone, spazi, attività.

Due punti in particolare sono stati proposti alla riflessione:

  • la scelta di non utilizzare criteri di selezione inerenti alla gravità del deficit cognitivo: il limite all’accoglienza è dato dalla capienza del gruppo (non più di 12-15 partecipanti) e dalla volontà di garantire una partecipazione possibilmente regolare. In discussione qui sono gli elementi di forza o di problematicità di un gruppo eterogeneo.
  • la finalità terapeutica dell’intervento; tra una procedura rigidamente normata ed eterodiretta e la normalità di vita e relazioni quotidiane, autonomamente scelte, c’è un spettro di possibilità evidentemente molto ampio. Dove è giusto collocare quanto si realizza negli alzheimer café? e con quali conseguenze?

Nel workshop non è stato possibile sviluppare a fondo questi temi, che in qualche modo affidiamo ora alla riflessione di tutti.

Per chi lo desidera è possibile ricevere via mail il file integrale del video “Il nastro rosso”, inviando una richiesta a questo indirizzo: e.granello@gmail.com

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